Le Passeggiate ed il trekking nel comune di Massa Lubrense

Rosa Linda
Le Passeggiate ed il trekking nel comune di Massa Lubrense

Le Passeggiate ed il trekking

Il comune di Massa Lubrense offre innumerevoli sentieri tutti da scoprire. Che sia costeggiare la falesia per giungere fino in spiaggia, oppure raggiungere luoghi ricchi di storia in cui restare affascinati dal panorama mozzafiato o ancora percorrere vecchie stradine che collegano le diverse frazioni del comune l'una all'altra... insomma un territorio ricco per godere dell'ambiente naturale a 360°.
Questa escursione, ideata come un percorso ad anello, consente l’attraversamento della parte estrema della Penisola Sorrentina, una zona storicamente importante e rimasta ancora quasi miracolosamente selvaggia. Si parte dunque dalla piazza Santa Croce di Termini per imboccare via Campanella; dopo appena 100 m ci si ritrova ad un bivio: si prosegue per via del Monte con un sentiero che, tagliando la rotabile, conduce fino alla sella del Monte San Costanzo. Il primo ramo dell’escursione si conclude quindi con una visita alla cappella di San Costanzo, sita proprio sulla cima minore del monte (485 m). Dalla sommità del monte si vede tutto il paesaggio che comprende il golfo di Napoli e di Salerno, gli isolotti dei Galli e la zona di protezione integrale dell’isolotto di Vetara. Si attraversa la sella passando per la pineta. A questo punto, sulla sinistra, comparirà la Baia di Jeranto. Dall’alto si potrà identificare la ben conservata torre di Montalto e i tre pizzi che, molto probabilmente, originano l’etimologia del nome della baia. Le ipotesi, sono due: la prima vuole che il toponimo derivi da Jeros (luogo sacro), la seconda invece da Jerax (rapace); in ogni caso è certo che la sagoma dei tre pizzi, Punta Penna, Montalto e Mortella, sembra molto simile a quella di un rapace. In questo momento ci si trova sul versante sud dell’altura maggiore (496 m) che, con la sua grossa antenna di controllo per il traffico aereo, rappresenta la vetta più alta del territorio Lubrense. Siamo a questo punto in uno scenario estremamente selvaggio e suggestivo, una montagna bruciata dal sole e dal mare, qui sembra che il tempo non sia mai passato. Sulla destra, l’isola di Capri galleggia maestosa sul mare cobalto. Dopo circa 40 minuti di cammino attraverso la zona chiamata Pezzalonga, inizierà a fare capolino il Promontorium Minervae. La seconda parte dell’escursione termina sull’altura che ospita la torre di Punta Campanella (XIV sec.), luogo in cui nell’antichità sorgeva il tempio di Atena – Minerva. Il Promontorio Ateneo, come lo chiamavano i greci, ha ospitato nel corso dei secoli, per ragioni di culto o militari, templi e stazioni di commercio, opere difensive e ville patrizie. Oggi, però, non resta quasi nulla di queste opere. Nei pressi della torre c’è un’antica scalinata che conduce fino alla grotta delle Sirene, cavità in cui il riverbero delle onde del mare, assieme ai soffusi riflessi che si insinuano da tre aperture attigue, contribuisce ad incrementare quell’aura mistica già brulicante di leggende. Lungo questa discesa a mare è scolpita, sulla parete rocciosa, un’epigrafe rupestre in lingua osca del II secolo a.C. Essa, scoperta nel 1985 dal prof. Mario Russo, menziona i nomi dei tre Meddices Minervii (Magistrati di Minerva) che appaltarono i lavori di costruzione dell’approdo e della scala di levante che conduceva al santuario. E’ necessaria circa un’ora, percorrendo l’antica via Minervia (ancora parzialmente pavimentata con il basolato romano), per fare ritorno alla piazza di Santa Croce. E’ questo il momento più rilassante dell’ intera passeggiata, l’occasione ideale per contemplare quello scenario che un tempo fu il regno delle mitiche Sirene e della navigazione di Ulisse. Durante la salita sarà bene voltarsi indietro per ammirare il Monte San Costanzo che, con il calare della luce, ci mostra tutta la sua candida e spoglia roccia, e lascia intuire il significato del suo antico nome di Monte Canuto. Dopo poche centinaia di metri la Torre di Fossa Papa, dall’alto della sua elegante maestosità, sembra ora salutare la nostra passeggiata prima del tratto conclusivo che affaccia sulla spettacolare cala di Mitigliano.
79 Recomendado por los habitantes de la zona
Punta Campanella
79 Recomendado por los habitantes de la zona
Questa escursione, ideata come un percorso ad anello, consente l’attraversamento della parte estrema della Penisola Sorrentina, una zona storicamente importante e rimasta ancora quasi miracolosamente selvaggia. Si parte dunque dalla piazza Santa Croce di Termini per imboccare via Campanella; dopo appena 100 m ci si ritrova ad un bivio: si prosegue per via del Monte con un sentiero che, tagliando la rotabile, conduce fino alla sella del Monte San Costanzo. Il primo ramo dell’escursione si conclude quindi con una visita alla cappella di San Costanzo, sita proprio sulla cima minore del monte (485 m). Dalla sommità del monte si vede tutto il paesaggio che comprende il golfo di Napoli e di Salerno, gli isolotti dei Galli e la zona di protezione integrale dell’isolotto di Vetara. Si attraversa la sella passando per la pineta. A questo punto, sulla sinistra, comparirà la Baia di Jeranto. Dall’alto si potrà identificare la ben conservata torre di Montalto e i tre pizzi che, molto probabilmente, originano l’etimologia del nome della baia. Le ipotesi, sono due: la prima vuole che il toponimo derivi da Jeros (luogo sacro), la seconda invece da Jerax (rapace); in ogni caso è certo che la sagoma dei tre pizzi, Punta Penna, Montalto e Mortella, sembra molto simile a quella di un rapace. In questo momento ci si trova sul versante sud dell’altura maggiore (496 m) che, con la sua grossa antenna di controllo per il traffico aereo, rappresenta la vetta più alta del territorio Lubrense. Siamo a questo punto in uno scenario estremamente selvaggio e suggestivo, una montagna bruciata dal sole e dal mare, qui sembra che il tempo non sia mai passato. Sulla destra, l’isola di Capri galleggia maestosa sul mare cobalto. Dopo circa 40 minuti di cammino attraverso la zona chiamata Pezzalonga, inizierà a fare capolino il Promontorium Minervae. La seconda parte dell’escursione termina sull’altura che ospita la torre di Punta Campanella (XIV sec.), luogo in cui nell’antichità sorgeva il tempio di Atena – Minerva. Il Promontorio Ateneo, come lo chiamavano i greci, ha ospitato nel corso dei secoli, per ragioni di culto o militari, templi e stazioni di commercio, opere difensive e ville patrizie. Oggi, però, non resta quasi nulla di queste opere. Nei pressi della torre c’è un’antica scalinata che conduce fino alla grotta delle Sirene, cavità in cui il riverbero delle onde del mare, assieme ai soffusi riflessi che si insinuano da tre aperture attigue, contribuisce ad incrementare quell’aura mistica già brulicante di leggende. Lungo questa discesa a mare è scolpita, sulla parete rocciosa, un’epigrafe rupestre in lingua osca del II secolo a.C. Essa, scoperta nel 1985 dal prof. Mario Russo, menziona i nomi dei tre Meddices Minervii (Magistrati di Minerva) che appaltarono i lavori di costruzione dell’approdo e della scala di levante che conduceva al santuario. E’ necessaria circa un’ora, percorrendo l’antica via Minervia (ancora parzialmente pavimentata con il basolato romano), per fare ritorno alla piazza di Santa Croce. E’ questo il momento più rilassante dell’ intera passeggiata, l’occasione ideale per contemplare quello scenario che un tempo fu il regno delle mitiche Sirene e della navigazione di Ulisse. Durante la salita sarà bene voltarsi indietro per ammirare il Monte San Costanzo che, con il calare della luce, ci mostra tutta la sua candida e spoglia roccia, e lascia intuire il significato del suo antico nome di Monte Canuto. Dopo poche centinaia di metri la Torre di Fossa Papa, dall’alto della sua elegante maestosità, sembra ora salutare la nostra passeggiata prima del tratto conclusivo che affaccia sulla spettacolare cala di Mitigliano.
Questa senz’altro è una delle passeggiate più belle che si possano fare all’interno dell’Area Marina Protetta. Al termine della passeggiata si giunge alla spiaggetta di Ieranto, che sicuramente è una delle più belle con vista su Punta Campanella e sui Faraglioni di Capri. Il sentiero ha inizio dalla piazzetta di Nerano, e precisamente dalla strada che conduce alla Marina del Cantone (via A. Vespucci); a destra, pochi metri oltre la piazza, c’è via Jeranto, un lastricato in leggera pendenza. Iniziata la passeggiata, si vede immediatamente la costa con gli isolotti dei Galli. Il sentiero prosegue in piano fino ad un altro punto molto panoramico: Villa Rosa, dove Norman Douglas scrisse il suo Siren Land. Da qui si può ammirare il borgo marinaro del Cantone con la sua spiaggia piuttosto estesa che abbraccia le acque del golfo di Salerno. Il sentiero inizia ora a scendere per inoltrarsi negli arbusti della macchia mediterranea (carrubo, roverella, lentisco, euforbia e olivi in terrazze) che a tratti circondano il tracciato quasi come se fossero dei tunnel di verde. Di tanto in tanto sarà bene gettare l’occhio alle pareti calcaree del Monte San Costanzo con le sue suggestioni. Lasciando ora sulla destra delle piante di fichi selvatici, il tracciato diventa più impegnativo per la sua pendenza e per i sassi che sporgono dalla terra battuta. Ci si avvicina, dall’alto, alla zona di Mortella (un lido che segue la spiaggia dei Tedeschi), raggiungibile oggi solo via mare. Sulla sinistra inizia a comparire il promontorio di Montalto. Il sentiero si apre in una vista circolare davvero spettacolare; quest’ultima avrà il suo punto di fuga da un lato sulla Punta Penna e dall’altro su Punta Campanella, “tenute assieme”, al centro, dall’mmagine superba offerta dall’isola di Capri con i Faraglioni. A questo punto è evidente la conformazione geomorfologica a Tre Pizzi del promontorio che, con molte probabilità, ha contribuito all’assegnazione storica del toponimo. Infatti, l’etimologia della parola Jeranto deriva forse dal greco Jerax, che significa appunto rapace. Questo enorme “rapace” di roccia, simbolicamente ad ali spiegate, pare giustificare il ruolo di altura prediletta dal Falco Pellegrino, quasi come se fosse un ancestrale santuario ornitologico. E’ importante ricordare che il rapace sia tornato in tutta tranquillità a nidificare in questa zona anche grazie alla ritrovata serenità fiorita con l’istituzione della Riserva. Si spera allora che sia accolto l’invito a non inoltrarsi sul crinale di Punta Penna per evitare di infrangere la tranquillità di cui la rara specie ha bisogno. Al bivio si sceglie adesso se proseguire verso la torre cinquecentesca di Montalto (ammirevole esempio del sistema difensivo costiero risalente al periodo vicereale), o inoltrarsi per l’antica scala in gradoni che conduce alla piccola spiaggia di Capitiello. Si consiglia di porre molta attenzione, scendendo questa gradinata, in quanto il suo stato è di totale abbandono. In ogni caso i due tracciati sono collegati fra loro da un piacevole passaggio nella tenuta terriera del F.A.I., ove fa da padrona la frescura ristoratrice degli olivi in terrazze. Negli anni passati Ieranto è stata una cava per l’estrazione di pietra calcarea ed è chiara la parte di montagna mancante, come sono chiare le tracce dell’insediamento industriale che ora appartiene chiaramente all’archeologia industriale.
139 Recomendado por los habitantes de la zona
Baia di Ieranto
6 Via Ieranto
139 Recomendado por los habitantes de la zona
Questa senz’altro è una delle passeggiate più belle che si possano fare all’interno dell’Area Marina Protetta. Al termine della passeggiata si giunge alla spiaggetta di Ieranto, che sicuramente è una delle più belle con vista su Punta Campanella e sui Faraglioni di Capri. Il sentiero ha inizio dalla piazzetta di Nerano, e precisamente dalla strada che conduce alla Marina del Cantone (via A. Vespucci); a destra, pochi metri oltre la piazza, c’è via Jeranto, un lastricato in leggera pendenza. Iniziata la passeggiata, si vede immediatamente la costa con gli isolotti dei Galli. Il sentiero prosegue in piano fino ad un altro punto molto panoramico: Villa Rosa, dove Norman Douglas scrisse il suo Siren Land. Da qui si può ammirare il borgo marinaro del Cantone con la sua spiaggia piuttosto estesa che abbraccia le acque del golfo di Salerno. Il sentiero inizia ora a scendere per inoltrarsi negli arbusti della macchia mediterranea (carrubo, roverella, lentisco, euforbia e olivi in terrazze) che a tratti circondano il tracciato quasi come se fossero dei tunnel di verde. Di tanto in tanto sarà bene gettare l’occhio alle pareti calcaree del Monte San Costanzo con le sue suggestioni. Lasciando ora sulla destra delle piante di fichi selvatici, il tracciato diventa più impegnativo per la sua pendenza e per i sassi che sporgono dalla terra battuta. Ci si avvicina, dall’alto, alla zona di Mortella (un lido che segue la spiaggia dei Tedeschi), raggiungibile oggi solo via mare. Sulla sinistra inizia a comparire il promontorio di Montalto. Il sentiero si apre in una vista circolare davvero spettacolare; quest’ultima avrà il suo punto di fuga da un lato sulla Punta Penna e dall’altro su Punta Campanella, “tenute assieme”, al centro, dall’mmagine superba offerta dall’isola di Capri con i Faraglioni. A questo punto è evidente la conformazione geomorfologica a Tre Pizzi del promontorio che, con molte probabilità, ha contribuito all’assegnazione storica del toponimo. Infatti, l’etimologia della parola Jeranto deriva forse dal greco Jerax, che significa appunto rapace. Questo enorme “rapace” di roccia, simbolicamente ad ali spiegate, pare giustificare il ruolo di altura prediletta dal Falco Pellegrino, quasi come se fosse un ancestrale santuario ornitologico. E’ importante ricordare che il rapace sia tornato in tutta tranquillità a nidificare in questa zona anche grazie alla ritrovata serenità fiorita con l’istituzione della Riserva. Si spera allora che sia accolto l’invito a non inoltrarsi sul crinale di Punta Penna per evitare di infrangere la tranquillità di cui la rara specie ha bisogno. Al bivio si sceglie adesso se proseguire verso la torre cinquecentesca di Montalto (ammirevole esempio del sistema difensivo costiero risalente al periodo vicereale), o inoltrarsi per l’antica scala in gradoni che conduce alla piccola spiaggia di Capitiello. Si consiglia di porre molta attenzione, scendendo questa gradinata, in quanto il suo stato è di totale abbandono. In ogni caso i due tracciati sono collegati fra loro da un piacevole passaggio nella tenuta terriera del F.A.I., ove fa da padrona la frescura ristoratrice degli olivi in terrazze. Negli anni passati Ieranto è stata una cava per l’estrazione di pietra calcarea ed è chiara la parte di montagna mancante, come sono chiare le tracce dell’insediamento industriale che ora appartiene chiaramente all’archeologia industriale.
La spiaggia di Recommone si trova in un’insenatura tra la Marina del Cantone e il fiordo di Crapolla. La spiaggia, lunga circa 65 metri, è in ciottoli chiari e piccoli; sulla destra c’è un ristorante con una piccola banchina in cemento. Recommone è raggiungibile sia via mare che via terra, attraverso un breve ma panoramico sentiero che inizia dalla spiaggia del Cantone e gira attorno al promontorio di Sant’Antonio. Poco prima della punta, è possibile ammirare la Torre di Recommone (1567). Nella piccola insenatura di Recommone, a livello del mare, si trovano varie cavità; la più grande è la Grotta di Recommone, conosciuta anche come Grotta dei Pescatori perché a questi offriva una zona d’ombra in cui poter ancorare.
8 Recomendado por los habitantes de la zona
Baia di Recommone - Spiaggia libera
7 Via San Marciano
8 Recomendado por los habitantes de la zona
La spiaggia di Recommone si trova in un’insenatura tra la Marina del Cantone e il fiordo di Crapolla. La spiaggia, lunga circa 65 metri, è in ciottoli chiari e piccoli; sulla destra c’è un ristorante con una piccola banchina in cemento. Recommone è raggiungibile sia via mare che via terra, attraverso un breve ma panoramico sentiero che inizia dalla spiaggia del Cantone e gira attorno al promontorio di Sant’Antonio. Poco prima della punta, è possibile ammirare la Torre di Recommone (1567). Nella piccola insenatura di Recommone, a livello del mare, si trovano varie cavità; la più grande è la Grotta di Recommone, conosciuta anche come Grotta dei Pescatori perché a questi offriva una zona d’ombra in cui poter ancorare.
La piccola cala di Mitigliano è un’insenatura compresa tra Punta Baccoli e, più ad ovest, Fossa Papa. La minuscola spiaggia di sassi, di formazione abbastanza recente, è una delle più amene tra quelle racchiuse nel territorio dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella. Presenta una zonizzazione di tipo C. Mitigliano è raggiungibile, da terra, tramite un piacevole, nonché poco impegnativo, sentiero. Le sue acque limpide rappresentano un fresco premio per l’escursionista che decide di visitarla nel caldo periodo estivo! La passeggiata ha inizio da Termini, in piazza Santa Croce. Si prosegue, in discesa, per via Campanella fino al bivio con via Mitigliano. Il primo punto di particolare interesse storico è costituito dalla splendida chiesa di Santa Maria di Mitigliano, purtroppo in un cattivo stato di conservazione. Pare che questa sia sata costruita sui resti di un’antica abbazia, i cui frati, si racconta, furono ridotti in schiavitù dai turchi. Il cammino prosegue. La strada rotabile ora si inoltra, in ripida discesa, fra oliveti e piante tipiche della macchia. Un paletto in ferro, che delimita una proprietà privata, segna l’inizio del sentiero. Si segue il percorso a giravolte, contrassegnato dalla fascia gialla. Attraversando i caratteristici vicinali si giunge, in circa 20 minuti, sulla ciottolosa spiaggia di Mitigliano. Ad est di quest’ultima c’è una costruzione a forma di torre, con base circolare: forse utilizzata un tempo, quando la cava era funzionante. L’attrattiva principale della cala resta, però, la grotta di Mitigliano, che affaccia proprio sull’isola di Capri. L’anfratto, formatasi grazie ad una sorgente d’acqua dolce, costituisce una forte attrattiva per coloro che desiderano immergersi in acque cristalline. Appoggiata su un fondale di circa 15 m, con un ingresso alto 7 m, si spinge all’interno per 70 m di lunghezza e costituisce un interessante rifugio per piccole aragoste e guizzanti corvine che possono incantare, con magiche danze, i loro ospiti.
36 Recomendado por los habitantes de la zona
Mitigliano Beach
11 Via Caselle
36 Recomendado por los habitantes de la zona
La piccola cala di Mitigliano è un’insenatura compresa tra Punta Baccoli e, più ad ovest, Fossa Papa. La minuscola spiaggia di sassi, di formazione abbastanza recente, è una delle più amene tra quelle racchiuse nel territorio dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella. Presenta una zonizzazione di tipo C. Mitigliano è raggiungibile, da terra, tramite un piacevole, nonché poco impegnativo, sentiero. Le sue acque limpide rappresentano un fresco premio per l’escursionista che decide di visitarla nel caldo periodo estivo! La passeggiata ha inizio da Termini, in piazza Santa Croce. Si prosegue, in discesa, per via Campanella fino al bivio con via Mitigliano. Il primo punto di particolare interesse storico è costituito dalla splendida chiesa di Santa Maria di Mitigliano, purtroppo in un cattivo stato di conservazione. Pare che questa sia sata costruita sui resti di un’antica abbazia, i cui frati, si racconta, furono ridotti in schiavitù dai turchi. Il cammino prosegue. La strada rotabile ora si inoltra, in ripida discesa, fra oliveti e piante tipiche della macchia. Un paletto in ferro, che delimita una proprietà privata, segna l’inizio del sentiero. Si segue il percorso a giravolte, contrassegnato dalla fascia gialla. Attraversando i caratteristici vicinali si giunge, in circa 20 minuti, sulla ciottolosa spiaggia di Mitigliano. Ad est di quest’ultima c’è una costruzione a forma di torre, con base circolare: forse utilizzata un tempo, quando la cava era funzionante. L’attrattiva principale della cala resta, però, la grotta di Mitigliano, che affaccia proprio sull’isola di Capri. L’anfratto, formatasi grazie ad una sorgente d’acqua dolce, costituisce una forte attrattiva per coloro che desiderano immergersi in acque cristalline. Appoggiata su un fondale di circa 15 m, con un ingresso alto 7 m, si spinge all’interno per 70 m di lunghezza e costituisce un interessante rifugio per piccole aragoste e guizzanti corvine che possono incantare, con magiche danze, i loro ospiti.
E’ la passeggiata più breve ed accessibile fra tutte quelle proposte. Si tratta, infatti, più che di un’escursione, di una discesa a mare attraverso uno dei casali più antichi del territorio lubrense. Si parte dal cuore del paese, Piazza Vescovado, e, attraversando i caratteristici ed antichi vicoli della nostra terra, si giunge alla spiaggia di “Fontanella”, la cui antica denominazione pare derivi da una fonte di acqua fresca. A sinistra dell’ex cattedrale di Santa Maria delle Grazie c’è un piccolo belvedere, da cui ci si può facilmente prefigurare l’itinerario da seguire e che consente, nelle giornate terse, di poter ammirare la semplice bellezza dello Scoglio del Vervece. Sulla sinistra di questa terrazza inizia via Pennino, una gradinata che in breve conduce al primo bivio della passeggiata. Si giunge all’incrocio fra via Canneto e via Siringano. Bisogna proseguire con la strada di sinistra (a destra invece si prosegue per località San Montano) per scorgere dei portoni antichi davvero notevoli risalenti alla metà del 1700. Seguendo il segnavia giallo-rosso, si attraversa la strada rotabile Via Vincenzo Maggio, e si prosegue di nuovo su di un sentiero, posto di fronte. Il contatto con la natura è prorompente. Passeggiando tra i coltivi ad olivi si costeggia un muro piuttosto alto. Si giunge così su Via Pipiano. Il nome della strada, che ricalca quello dell’antico casale, pare derivi dalla presenza, nel luogo, dei possedimenti di un nobile romano di nome Papio. Camminando sempre verso sinistra, fino all’incrocio con Via Cristoforo Colombo, si incontrano una caratteristica fontana ad angolo, e, posta in alto, di fronte, una delle numerose edicole votive titolate alla Madonna della Lobra. Si continua a scendere, passando per la cappella di Santa Maria delle Grazie, e si arriva, attraversando la rotabile via Fontanella, nella piazza che ospita il celebre Monastero di Santa Maria della Lobra. Da qui, in pochi minuti, si arriva nel borgo marinaro di Marina della Lobra. L’etimologia di Lobra deriva da “Delubrum“, tempio, con riferimento all’antica cattedrale sita sulla spiaggia. Si ha la possibilità di attraversare per intero il piccolo caseggiato abitato per la maggior parte, ancora oggi, da pescatori, e di assaporare le essenze, i colori che questi piccoli borghi offrono ai loro visitatori. Il controllo dell’intero borgo era affidato, in periodo di incursioni barbaresche, alla torre di avvistamento denominata Corva, dal nome della punta che, ad ovest, delimita l’insenatura della Lobra. Quest’ultima, chiamata per l’appunto Capo Corbo, ospita, fra l’altro, la chiesa di San Liberatore. Per chi avesse intenzione di ritornare a Massa Lubrense camminando per un altro tracciato, si consiglia, allora, di passeggiare per il litorale di Chiaia, fino a San Montano. Da qui, salendo per una rampa di scalini in cemento, si giunge sulla rotabile del parco residenziale. Si segue la via asfaltata per qualche centinaio di metri fino ad incontrare, sulla destra, il sentiero, via Siringano, che in breve conduce al punto di partenza, via Pennino, dopo l’attraversamento del Rivo Patierno.
Marina Lobra station
E’ la passeggiata più breve ed accessibile fra tutte quelle proposte. Si tratta, infatti, più che di un’escursione, di una discesa a mare attraverso uno dei casali più antichi del territorio lubrense. Si parte dal cuore del paese, Piazza Vescovado, e, attraversando i caratteristici ed antichi vicoli della nostra terra, si giunge alla spiaggia di “Fontanella”, la cui antica denominazione pare derivi da una fonte di acqua fresca. A sinistra dell’ex cattedrale di Santa Maria delle Grazie c’è un piccolo belvedere, da cui ci si può facilmente prefigurare l’itinerario da seguire e che consente, nelle giornate terse, di poter ammirare la semplice bellezza dello Scoglio del Vervece. Sulla sinistra di questa terrazza inizia via Pennino, una gradinata che in breve conduce al primo bivio della passeggiata. Si giunge all’incrocio fra via Canneto e via Siringano. Bisogna proseguire con la strada di sinistra (a destra invece si prosegue per località San Montano) per scorgere dei portoni antichi davvero notevoli risalenti alla metà del 1700. Seguendo il segnavia giallo-rosso, si attraversa la strada rotabile Via Vincenzo Maggio, e si prosegue di nuovo su di un sentiero, posto di fronte. Il contatto con la natura è prorompente. Passeggiando tra i coltivi ad olivi si costeggia un muro piuttosto alto. Si giunge così su Via Pipiano. Il nome della strada, che ricalca quello dell’antico casale, pare derivi dalla presenza, nel luogo, dei possedimenti di un nobile romano di nome Papio. Camminando sempre verso sinistra, fino all’incrocio con Via Cristoforo Colombo, si incontrano una caratteristica fontana ad angolo, e, posta in alto, di fronte, una delle numerose edicole votive titolate alla Madonna della Lobra. Si continua a scendere, passando per la cappella di Santa Maria delle Grazie, e si arriva, attraversando la rotabile via Fontanella, nella piazza che ospita il celebre Monastero di Santa Maria della Lobra. Da qui, in pochi minuti, si arriva nel borgo marinaro di Marina della Lobra. L’etimologia di Lobra deriva da “Delubrum“, tempio, con riferimento all’antica cattedrale sita sulla spiaggia. Si ha la possibilità di attraversare per intero il piccolo caseggiato abitato per la maggior parte, ancora oggi, da pescatori, e di assaporare le essenze, i colori che questi piccoli borghi offrono ai loro visitatori. Il controllo dell’intero borgo era affidato, in periodo di incursioni barbaresche, alla torre di avvistamento denominata Corva, dal nome della punta che, ad ovest, delimita l’insenatura della Lobra. Quest’ultima, chiamata per l’appunto Capo Corbo, ospita, fra l’altro, la chiesa di San Liberatore. Per chi avesse intenzione di ritornare a Massa Lubrense camminando per un altro tracciato, si consiglia, allora, di passeggiare per il litorale di Chiaia, fino a San Montano. Da qui, salendo per una rampa di scalini in cemento, si giunge sulla rotabile del parco residenziale. Si segue la via asfaltata per qualche centinaio di metri fino ad incontrare, sulla destra, il sentiero, via Siringano, che in breve conduce al punto di partenza, via Pennino, dopo l’attraversamento del Rivo Patierno.
Ancora oggi sono notevoli i resti archeologici che si intravedono in tre diversi punti della costa adiacente alla Marina di Puolo, e si riscontrano in essi, con certezza, gli avanzi di tre ville romane databili al I-II secolo d.C. Seguendo la costa da Massa Lubrense verso Sorrento, il primo di questi tre gruppi di ruderi lo riscontriamo sulla Punta del Capo di Massa, immediatamente prima dell’abitato di Puolo; il secondo sul piccolo promontorio della Calcarella, subito dopo la suddetta Marina; il terzo sulla Punta del Capo di Sorrento. Per quanto concerne la villa sita sulla Calcarella, benché ne siano rimasti pochi resti, essa doveva coincidere con la villa appartenuta a Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli. L’articolazione di tale complesso si ricava anche dalle descrizioni che di esso fa il poeta Publio Papinio Stazio. Egli celebra l’incantevole dimora di Pollio con due carmi delle sue Silvae: Villa Surrentina Polli Felicis (in cui descrive la villa ed i suoi superbi edifici) ed Hercules Surrentinus Polli Felicis (in cui tratta del nuovo tempio che Pollio eresse ad Ercole nella medesima dimora). Probabilmente l’edificio si articolava su due piani, in cui si collocavano due file di stanze separate da un corridoio: un gruppo era orientato verso terra, l’altro guardava al mare. Quest’ultimo raggruppamento era costituito da cinque stanze, di cui tre sporgenti sulle altre. Sempre dalle testimonianze di Stazio si ricava che la palazzina doveva avere una pianta di 20 metri per 10 metri e che la stanza del padrone era decorata da un mosaico parietale in marmi policromi. Della terza villa, ovvero quella sita sul promontorio del Capo di Sorrento, ci restano i ruderi sugli scogli davanti al cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”. Altre rovine dimostrano però che essa si estendeva anche per il declivio orientale del Capo di Sorrento. Quel poco che resta degli stucchi rende auspicabile una datazione all’epoca del Regno di Claudio (41 – 54 d.C.). L’unico elemento panoramico, la torretta in fondo ad un muro di sostegno lungo 70 mt., che probabilmente reggeva un portico di uguale lunghezza, lo troviamo già nella villa dei Pisoni ad Ercolano, e deriva, con molta probabilità, dall’architettura militare. I ruderi dell’intero complesso sono sparsi su di un’area di circa 30.000 mq. La villa si divideva in domus e villa a mare, con i relativi annessi. L’importanza della domus, la quale occupa la sommità del promontorio, è testimoniata da resti di mura di sostegno e tre gruppi di cisternoni nel declivio. La villa a mare, invece, si colloca sulla punta estrema del promontorio, quasi come sopra un’isola, separato com’è dalla terra da un bacino naturale, il cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”. Un complesso di passaggi, anditi, scale e terrazze costituisce il collegamento tra la domus e la villa a mare, passando sopra le due strette lingue di terra che uniscono, girando attorno al bacino, la Punta del Capo alla terra retrostante. La domus è quasi interamente distrutta, mentre della villa a mare restano ancora dei ruderi sufficienti per poterla idealmente ricostruire. Il giardino si sviluppava, dalla casa a mare, con una serie di rampe e terrazze panoramiche sulle pendici settentrionali del promontorio, ed era chiuso a valle da una bellissima esedra. Più verso il mare troviamo anche una cisterna a cinque concamerazioni intercomunicanti, la cui pianta ha la forma di un pentagono irregolare. Le pareti sono in opus reticulatum, mentre gli archi delle porte sono in mattoni. In età moderna un enorme muro ha terrazzato la zona soprastante la cisterna. La casa a mare occupa l’estremità del promontorio ed è costituita da un unico impianto formato dalla costruzione centrale alla quale si appoggiano corpi secondari con terrazze, passaggi ed approdi. La villa era raggiungibile sia da terra che da mare. L’attuale discesa dalla strada provinciale di Massa ricalca, almeno in parte, l’antica via. Dalla parte del Golfo di Sorrento, invece, il complesso era fruibile da due punti: uno dal mare aperto ed uno dall’interno del bacino. Per accedervi si attraversava la stretta apertura naturale della roccia che divide il bacino dal mare aperto, passando sotto l’arco e giungendo così al piccolo molo. Al di sopra dell’apertura naturale fu costruito un ponte di collegamento tra la domus e la villa a mare. Su di esso sorgeva anche un meraviglioso terrazzo ed un passaggio coperto di collegamento alla casa a mare. I lati sud ed ovest di quest’ultimo ambiente sono quasi completamente distrutti. Nel lato est sono visibili sei vani con volta a botte aventi funzione di terrazzamento. Originariamente essi dovevano essere coperti di stucco di cui ancora oggi vi sono tracce. Altri quattro vani con apertura all’esterno sostenevano altri due terrazzi che giravano verso il lato nord della casa. Su questo lato vi sono quattro stanze con volte decorate e pavimentazione a mosaico. Di particolare interesse risultano essere cinque concamerazioni costituenti un pozzo nero con il relativo sistema fognario digradante verso ovest. Ancora oggi è evidente con chiarezza come la struttura dell’opera fosse articolata in modo da consentire una facile ispezione del condotto fecale e di evitare che i liquami, raccolti nel pozzo nero a scopo di concimazione agricola, potessero inquinare le acque marine. Continuando verso ovest si incontrano altri sei grossi vani, usati come magazzini, che sostenevano altrettanti ambienti lussuosi soprastanti. Diverse rampe e scale consentivano l’accesso da questa parte agli ambienti signorili del piano superiore. Di questi ultimi, soltanto a seguito dell’ultimo intervento di ripristino, si può leggere con buona approssimazione l’impianto. Infine, vanno notate altre due cisterne ubicate a mezza collina della capacità di due milioni di litri ciascuna. Una di queste, ben conservata, è usata attualmente per l’irrigazione agricola. Il sistema architettonico dell’intero complesso sembra sfruttare al massimo la bellezza del paesaggio con alcuni espedienti strutturali, muri divergenti, ampie finestre, che pretendono la massima fruibilità del panorama. Tutto, struttura e decorazione, era funzionale alla luxuria ed all’otium. Persino le zone d’ombra, costituite da giardini pensili e pergolati che adombravano i percorsi assolati, riflettevano il desiderio di vivere bene come massima espressione del lusso.
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Regina Giovanna Bath
Traversa Punta Capo
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Ancora oggi sono notevoli i resti archeologici che si intravedono in tre diversi punti della costa adiacente alla Marina di Puolo, e si riscontrano in essi, con certezza, gli avanzi di tre ville romane databili al I-II secolo d.C. Seguendo la costa da Massa Lubrense verso Sorrento, il primo di questi tre gruppi di ruderi lo riscontriamo sulla Punta del Capo di Massa, immediatamente prima dell’abitato di Puolo; il secondo sul piccolo promontorio della Calcarella, subito dopo la suddetta Marina; il terzo sulla Punta del Capo di Sorrento. Per quanto concerne la villa sita sulla Calcarella, benché ne siano rimasti pochi resti, essa doveva coincidere con la villa appartenuta a Pollio Felice, illustre esponente di una nobile famiglia di Pozzuoli. L’articolazione di tale complesso si ricava anche dalle descrizioni che di esso fa il poeta Publio Papinio Stazio. Egli celebra l’incantevole dimora di Pollio con due carmi delle sue Silvae: Villa Surrentina Polli Felicis (in cui descrive la villa ed i suoi superbi edifici) ed Hercules Surrentinus Polli Felicis (in cui tratta del nuovo tempio che Pollio eresse ad Ercole nella medesima dimora). Probabilmente l’edificio si articolava su due piani, in cui si collocavano due file di stanze separate da un corridoio: un gruppo era orientato verso terra, l’altro guardava al mare. Quest’ultimo raggruppamento era costituito da cinque stanze, di cui tre sporgenti sulle altre. Sempre dalle testimonianze di Stazio si ricava che la palazzina doveva avere una pianta di 20 metri per 10 metri e che la stanza del padrone era decorata da un mosaico parietale in marmi policromi. Della terza villa, ovvero quella sita sul promontorio del Capo di Sorrento, ci restano i ruderi sugli scogli davanti al cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”. Altre rovine dimostrano però che essa si estendeva anche per il declivio orientale del Capo di Sorrento. Quel poco che resta degli stucchi rende auspicabile una datazione all’epoca del Regno di Claudio (41 – 54 d.C.). L’unico elemento panoramico, la torretta in fondo ad un muro di sostegno lungo 70 mt., che probabilmente reggeva un portico di uguale lunghezza, lo troviamo già nella villa dei Pisoni ad Ercolano, e deriva, con molta probabilità, dall’architettura militare. I ruderi dell’intero complesso sono sparsi su di un’area di circa 30.000 mq. La villa si divideva in domus e villa a mare, con i relativi annessi. L’importanza della domus, la quale occupa la sommità del promontorio, è testimoniata da resti di mura di sostegno e tre gruppi di cisternoni nel declivio. La villa a mare, invece, si colloca sulla punta estrema del promontorio, quasi come sopra un’isola, separato com’è dalla terra da un bacino naturale, il cosiddetto “Bagno della Regina Giovanna”. Un complesso di passaggi, anditi, scale e terrazze costituisce il collegamento tra la domus e la villa a mare, passando sopra le due strette lingue di terra che uniscono, girando attorno al bacino, la Punta del Capo alla terra retrostante. La domus è quasi interamente distrutta, mentre della villa a mare restano ancora dei ruderi sufficienti per poterla idealmente ricostruire. Il giardino si sviluppava, dalla casa a mare, con una serie di rampe e terrazze panoramiche sulle pendici settentrionali del promontorio, ed era chiuso a valle da una bellissima esedra. Più verso il mare troviamo anche una cisterna a cinque concamerazioni intercomunicanti, la cui pianta ha la forma di un pentagono irregolare. Le pareti sono in opus reticulatum, mentre gli archi delle porte sono in mattoni. In età moderna un enorme muro ha terrazzato la zona soprastante la cisterna. La casa a mare occupa l’estremità del promontorio ed è costituita da un unico impianto formato dalla costruzione centrale alla quale si appoggiano corpi secondari con terrazze, passaggi ed approdi. La villa era raggiungibile sia da terra che da mare. L’attuale discesa dalla strada provinciale di Massa ricalca, almeno in parte, l’antica via. Dalla parte del Golfo di Sorrento, invece, il complesso era fruibile da due punti: uno dal mare aperto ed uno dall’interno del bacino. Per accedervi si attraversava la stretta apertura naturale della roccia che divide il bacino dal mare aperto, passando sotto l’arco e giungendo così al piccolo molo. Al di sopra dell’apertura naturale fu costruito un ponte di collegamento tra la domus e la villa a mare. Su di esso sorgeva anche un meraviglioso terrazzo ed un passaggio coperto di collegamento alla casa a mare. I lati sud ed ovest di quest’ultimo ambiente sono quasi completamente distrutti. Nel lato est sono visibili sei vani con volta a botte aventi funzione di terrazzamento. Originariamente essi dovevano essere coperti di stucco di cui ancora oggi vi sono tracce. Altri quattro vani con apertura all’esterno sostenevano altri due terrazzi che giravano verso il lato nord della casa. Su questo lato vi sono quattro stanze con volte decorate e pavimentazione a mosaico. Di particolare interesse risultano essere cinque concamerazioni costituenti un pozzo nero con il relativo sistema fognario digradante verso ovest. Ancora oggi è evidente con chiarezza come la struttura dell’opera fosse articolata in modo da consentire una facile ispezione del condotto fecale e di evitare che i liquami, raccolti nel pozzo nero a scopo di concimazione agricola, potessero inquinare le acque marine. Continuando verso ovest si incontrano altri sei grossi vani, usati come magazzini, che sostenevano altrettanti ambienti lussuosi soprastanti. Diverse rampe e scale consentivano l’accesso da questa parte agli ambienti signorili del piano superiore. Di questi ultimi, soltanto a seguito dell’ultimo intervento di ripristino, si può leggere con buona approssimazione l’impianto. Infine, vanno notate altre due cisterne ubicate a mezza collina della capacità di due milioni di litri ciascuna. Una di queste, ben conservata, è usata attualmente per l’irrigazione agricola. Il sistema architettonico dell’intero complesso sembra sfruttare al massimo la bellezza del paesaggio con alcuni espedienti strutturali, muri divergenti, ampie finestre, che pretendono la massima fruibilità del panorama. Tutto, struttura e decorazione, era funzionale alla luxuria ed all’otium. Persino le zone d’ombra, costituite da giardini pensili e pergolati che adombravano i percorsi assolati, riflettevano il desiderio di vivere bene come massima espressione del lusso.
Le Torri di avvistamento, che caratterizzano tutte le coste del Regno di Napoli, furono volute dal vicerè Don Parafan de Ribera e realizzate per la maggior parte durante il viceregno di Don Pedro di Toledo. In Penisola Sorrentina furono costruite, a spese degli abitanti, dopo la terribile invasione di Massa e Sorrento da parte dei Turchi nel 1558. In quel periodo furono anche ricostruite e adeguate ai tempi la Torre trecentesca dei Galli e quella coeva di Punta Campanella. Esse sono disposte in modo che ognuna sia in vista delle due vicine, talché in caso di pericolo dal mare si facevano segnalazioni con il fuoco di notte e con il fumo di giorno, e tali segnali venivano poi ripetuti a catena di torre in torre, mentre da alcune di esse (cosiddette “torri cavallare”) partiva un guardiano a cavallo per mettere in allarme gli abitanti dei Casali.
Torre di Recommone
Le Torri di avvistamento, che caratterizzano tutte le coste del Regno di Napoli, furono volute dal vicerè Don Parafan de Ribera e realizzate per la maggior parte durante il viceregno di Don Pedro di Toledo. In Penisola Sorrentina furono costruite, a spese degli abitanti, dopo la terribile invasione di Massa e Sorrento da parte dei Turchi nel 1558. In quel periodo furono anche ricostruite e adeguate ai tempi la Torre trecentesca dei Galli e quella coeva di Punta Campanella. Esse sono disposte in modo che ognuna sia in vista delle due vicine, talché in caso di pericolo dal mare si facevano segnalazioni con il fuoco di notte e con il fumo di giorno, e tali segnali venivano poi ripetuti a catena di torre in torre, mentre da alcune di esse (cosiddette “torri cavallare”) partiva un guardiano a cavallo per mettere in allarme gli abitanti dei Casali.