La guida di Claudio

Claudio
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Offerta gastronomica

Trattoria Pizzeria, locale storico a Nurachi, offre oltre alle ottime pizze, piatti a base di carne e di pesce.
IL BOSCAIOLO
7 Viale A. Gramsci
Trattoria Pizzeria, locale storico a Nurachi, offre oltre alle ottime pizze, piatti a base di carne e di pesce.
Pizzeria al taglio gastronomia. Le pizzette al taglio più buone, fritti di pesce e grigliate ottime ad un prezzo più che competitivo.
LA ROSA DEI VENTI DI GIANLUCA E FRANCESCA MANCA
56 Corso Eleonora
Pizzeria al taglio gastronomia. Le pizzette al taglio più buone, fritti di pesce e grigliate ottime ad un prezzo più che competitivo.
Bar al centro di Nurachi, ottime colazioni e aperitivi con possibilità di sorseggiare un calice di ottima vernaccia.
Tfc Di Eleonora Fadda & C. S.N.C.
56A Corso Eleonora
Bar al centro di Nurachi, ottime colazioni e aperitivi con possibilità di sorseggiare un calice di ottima vernaccia.

Visite turistiche

Posti da visitare assolutamente nella penisola del Sinis
66 Recomendado por los habitantes de la zona
San Giovanni di Sinis
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La famosa spiaggia con i chicchi di quarzo. Forse la spiaggia più bella del mondo, o forse no. Ma per toglierci questo dubbio... perché non visitarla?
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Spiaggia di Is Arutas
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La famosa spiaggia con i chicchi di quarzo. Forse la spiaggia più bella del mondo, o forse no. Ma per toglierci questo dubbio... perché non visitarla?
L'antico villaggio di San Salvatore, costruito tra il '600 e il '700, rappresenta uno dei più importanti villaggi di cumbessias (alloggi per pellegrini) della provincia. Il piccolo agglomerato fu costruito attorno alla omonima chiesa che, edificata nel XVII secolo sopra l'antico ipogeo, è tuttora officiata dai fedeli. Si tratta di un ambiente con copertura di tegole, sostenuto da un arco che delimita una piccola navata sulla destra. Attraverso una botola, che si apre su una scala scavata nella viva roccia, si accede all'ipogeo di origine nuragica dedicato al culto pagano delle acque. Scavato nella roccia per tutta la parte inferiore, è superiormente formato da filari di mattoni e filari di blocchetti di arenaria e presenta nelle pareti numerose iscrizioni e pitture che vanno da quella paleocristiana fino al medioevo. Si possono ammirare delle raffigurazioni di divinità, tra cui è possibile riconoscere Ercole che abbatte il leone Nemeo, le navi, le scritte in arabo e in greco e l'immagine di Venere. L'edificio non ha vaste dimensioni: circa dieci metri di lunghezza per altrettanti di larghezza; la pianta, composta da vari ambienti, è accentrata attorno a un pozzo sacro, dentro un atrio circolare, coperto da una cupola e aperto in alto al centro. Il pozzo circolare, nel quale è posto un betilo di età nuragica, rappresenta il punto centrale del culto delle acque, che in nessun altra regione pare aver avuto una così grande importanza come nella religione primitiva della Sardegna.
28 Recomendado por los habitantes de la zona
San Salvatore
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L'antico villaggio di San Salvatore, costruito tra il '600 e il '700, rappresenta uno dei più importanti villaggi di cumbessias (alloggi per pellegrini) della provincia. Il piccolo agglomerato fu costruito attorno alla omonima chiesa che, edificata nel XVII secolo sopra l'antico ipogeo, è tuttora officiata dai fedeli. Si tratta di un ambiente con copertura di tegole, sostenuto da un arco che delimita una piccola navata sulla destra. Attraverso una botola, che si apre su una scala scavata nella viva roccia, si accede all'ipogeo di origine nuragica dedicato al culto pagano delle acque. Scavato nella roccia per tutta la parte inferiore, è superiormente formato da filari di mattoni e filari di blocchetti di arenaria e presenta nelle pareti numerose iscrizioni e pitture che vanno da quella paleocristiana fino al medioevo. Si possono ammirare delle raffigurazioni di divinità, tra cui è possibile riconoscere Ercole che abbatte il leone Nemeo, le navi, le scritte in arabo e in greco e l'immagine di Venere. L'edificio non ha vaste dimensioni: circa dieci metri di lunghezza per altrettanti di larghezza; la pianta, composta da vari ambienti, è accentrata attorno a un pozzo sacro, dentro un atrio circolare, coperto da una cupola e aperto in alto al centro. Il pozzo circolare, nel quale è posto un betilo di età nuragica, rappresenta il punto centrale del culto delle acque, che in nessun altra regione pare aver avuto una così grande importanza come nella religione primitiva della Sardegna.
Il nome del luogo, di origine protosarda, viene collegato alla radice mediterranea *tarr-[2]. La stessa base si ritrova, ad esempio, nei nomi Tarrài (Galtellì) o, fuori dall'isola, Tarracina (Lazio) o Tarraco (Hispania Citerior)[3]. La città fu fondata dai Fenici nell'VIII secolo a.C. vicino ad un preesistente villaggio nuragico dell'età del bronzo[4]. Il villaggio protosardo di Su Muru Mannu, sopra il quale fu creata una costruzione religiosa fenicia, venne abbandonato in maniera pacifica dai suoi abitanti che, stando alle informazioni archeologiche, aiutarono i fenici nella costruzione della nuova città[4]. Successivamente, sotto il governo di Cartagine, la città venne fortificata, ingrandita e conobbe un periodo di ricchezza economica con l'aumento degli scambi commerciali con l'Africa, con la penisola iberica e con Massalia[4]. Tharros in epoca cartaginese fu forse la capitale provinciale. Conquistata da Roma nel 238 a.C., all'indomani della prima guerra punica, pochi decenni dopo (215 a.C.) fu uno dei luoghi di nascita della rivolta anti-romana guidata da Ampsicora. In età imperiale ci fu un forte rinnovamento della città con la costruzione delle terme, dell'acquedotto e la sistemazione della rete stradale con pavimentazione in lastre di basalto[5]. La città ottenne lo status di comunità di cittadini romani[6]. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, Tharros, governata prima dai Vandali e poi dai Bizantini e tormentata dalle incursioni dei musulmani, entrò progressivamente in una profonda crisi che porto all'abbandono della zona intorno al 1050[5][7]. Prima del suo abbandono Tharros fu anche la capitale del giudicato di Arborea; la regina Nibata o il re (chiamato "Giudice") Orzocco I de Lacon-Zori trasferirono ad Oristano la sede vescovile e l'intera popolazione tarrense. Celebre è il detto (riportato per la prima volta dal Mattei) "e sa cittad'e Tharros, portant sa perda a carros", letteralmente "dalla città di Tharros portano le pietre a carri (in grandi quantità, ndr)", a dimostrazione del fatto che Oristano venne fondata con i resti materiali dell'antica colonia fenicia.
119 Recomendado por los habitantes de la zona
Area Archeologica Tharros
SP6
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Il nome del luogo, di origine protosarda, viene collegato alla radice mediterranea *tarr-[2]. La stessa base si ritrova, ad esempio, nei nomi Tarrài (Galtellì) o, fuori dall'isola, Tarracina (Lazio) o Tarraco (Hispania Citerior)[3]. La città fu fondata dai Fenici nell'VIII secolo a.C. vicino ad un preesistente villaggio nuragico dell'età del bronzo[4]. Il villaggio protosardo di Su Muru Mannu, sopra il quale fu creata una costruzione religiosa fenicia, venne abbandonato in maniera pacifica dai suoi abitanti che, stando alle informazioni archeologiche, aiutarono i fenici nella costruzione della nuova città[4]. Successivamente, sotto il governo di Cartagine, la città venne fortificata, ingrandita e conobbe un periodo di ricchezza economica con l'aumento degli scambi commerciali con l'Africa, con la penisola iberica e con Massalia[4]. Tharros in epoca cartaginese fu forse la capitale provinciale. Conquistata da Roma nel 238 a.C., all'indomani della prima guerra punica, pochi decenni dopo (215 a.C.) fu uno dei luoghi di nascita della rivolta anti-romana guidata da Ampsicora. In età imperiale ci fu un forte rinnovamento della città con la costruzione delle terme, dell'acquedotto e la sistemazione della rete stradale con pavimentazione in lastre di basalto[5]. La città ottenne lo status di comunità di cittadini romani[6]. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, Tharros, governata prima dai Vandali e poi dai Bizantini e tormentata dalle incursioni dei musulmani, entrò progressivamente in una profonda crisi che porto all'abbandono della zona intorno al 1050[5][7]. Prima del suo abbandono Tharros fu anche la capitale del giudicato di Arborea; la regina Nibata o il re (chiamato "Giudice") Orzocco I de Lacon-Zori trasferirono ad Oristano la sede vescovile e l'intera popolazione tarrense. Celebre è il detto (riportato per la prima volta dal Mattei) "e sa cittad'e Tharros, portant sa perda a carros", letteralmente "dalla città di Tharros portano le pietre a carri (in grandi quantità, ndr)", a dimostrazione del fatto che Oristano venne fondata con i resti materiali dell'antica colonia fenicia.